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Roma, Camera dei Deputati, 17 novembre 2003
INTRODUZIONE DELLA TESSERA DEL CITTADINO
UTENTE DEL SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO

Disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 269 del 2003:
Disposizioni per lo sviluppo e la correzione dell'andamento dei conti pubblici
Intervento di Marco Boato in sede di discussione generale
Resoconto stenografico dell'Assemblea - Seduta n. 390 di lunedì 17 novembre 2003

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signora rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il collega Antonio Leone di Forza Italia, poco fa, ha iniziato il suo velocissimo intervento facendo riferimento al dibattito sulla questione di fiducia introdotto in quest'aula dai colleghi Violante e Castagnetti. Il collega Leone, però, nel ricordare i precedenti di altri Governi e di altre legislature in materia di posizione della questione di fiducia, si è dimenticato di ricordare che non vi è precedente, nella storia parlamentare, di posizione della questione di fiducia sia al Senato (è già avvenuto) sia alla Camera (come avverrà tra poche ore) su un decreto-legge che è parte integrante della manovra economico-finanziaria. Questa è la questione gravissima che si sta prospettando e che, probabilmente, si realizzerà nelle prossime ore.

Signor Presidente, non ho intenzione di seguire il collega Leone in tale polemica, ma ne ho solo accennato garbatamente, anche perché i fatti parlano più di qualunque parola. Per le questioni di carattere più generale mi richiamo agli interventi svolti in quest'aula dalla collega Zanella e da altri colleghi del centrosinistra. In particolare, ringrazio il collega Mariotti che mi ha consentito di anticipare il mio intervento.

Vorrei attirare l'attenzione del Governo, dell'Assemblea e di chi ci ascolta soprattutto sull'articolo 50 del decreto-legge in esame che reca: Disposizioni in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prescrizioni sanitarie. La rubrica di tale articolo è quasi asettica e, magari, ascoltandola così, potrebbe anche apparire condivisibile. Invece, su tale articolo si è incentrata, in questi giorni, non solo l'attenzione delle forze politiche dell'opposizione che hanno presentato emendamenti soppressivi o interamente sostitutivi del suddetto articolo, ma anche quella del garante per la protezione dei dati personali. Si tratta di una di quelle autorità di garanzia nel nostro paese che godono di indipendenza proprio perché devono sovrintendere alla tutela di diritti fondamentali: in questo caso i diritti della cosiddetta privacy.

Signor Presidente, per una volta, in quest'aula, non parlerò con le mie parole, ma dapprima con quelle del presidente dell'Autorità di garanzia per la protezione dei dati personali e, poi, con alcuni commenti più espliciti di un autorevole opinionista pubblicati su un quotidiano oggi in edicola.

In data 12 novembre il professor Stefano Rodotà ha inviato a me come presidente del gruppo misto, ma suppongo che l'abbia fatto anche con gli altri capigruppo parlamentari, sia di maggioranza, sia di opposizione, una lettera molto garbata, cortese ed equilibrata che nel contenuto solleva, però, questioni molto allarmanti. Ciò non solo con riguardo al rapporto tra Governo e Parlamento, tanto più se verrà posta la questione di fiducia che bloccherà tutto, ma soprattutto al rapporto tra il Governo e la totalità dei cittadini, qualunque sia il colore politico di questi ultimi.

Leggo la lettera del professor Rodotà e, per una volta, lo farò nel dettaglio perché vorrei che una lettera inviata correttamente ai capigruppo parlamentari si traducesse in una documentazione parlamentare poi accessibile a chiunque.

«In relazione all'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, il garante per la protezione dei dati personali, nell'esercizio dei suoi doveri istituzionali, richiama particolarmente l'attenzione sui contenuti di tale norma, che prevede modalità nuove per il trattamento dei dati relativi alle prescrizioni farmaceutiche ed alle prestazioni specialistiche.

Nella relazione che accompagna il decreto si sottolinea che "l'articolo 50 prevede disposizioni per l'accelerazione della liquidazione dei rimborsi ai soggetti erogatori di servizi sanitari nonché per il monitoraggio e controllo della spesa sanitaria". Tali finalità, sicuramente apprezzabili per l'obiettivo di un più razionale controllo della spesa sanitaria, sono tuttavia perseguite, a giudizio del garante, attraverso una strumentazione che violerebbe il diritto dei cittadini alla protezione dei dati personali per quanto riguarda le informazioni riguardanti la salute, giustamente considerate dal legislatore come particolarmente "sensibili", e quindi assistite da particolari e forti garanzie.

La costituzione di banche dati centralizzate, in cui confluirebbero tutti i dati riguardanti le prescrizioni di farmaci e di prestazioni specialistiche, appare in contrasto con il principio di proporzionalità, che impone, appunto, una valutazione del rapporto tra finalità perseguite e mezzi adoperati (simili banche dati non esistono in alcun altro paese). La legislazione vigente già prevede procedure per il monitoraggio della spesa sanitaria, che certamente possono essere rese più efficienti (permettendo, ad esempio, un rapido accertamento dei requisiti che danno diritto all'esenzione), ma che non possono tradursi in una non necessaria compressione del diritto alla protezione dei dati personali. Una scelta del genere contrasterebbe con l'orientamento appena assunto da Governo e Parlamento adottando il Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196) e con quanto disposto dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla direttiva europea 95/46.

Nella norma in questione, in particolare, viene prevista la costituzione di un separata banca dati contenente il codice fiscale di tutti gli assistiti. Della pericolosità di tale banca dati sembra consapevole il legislatore» - in questo caso il legislatore d'urgenza, cioè chi ha emanato il decreto-legge e quindi il Governo - «tanto che, al comma 10, si dispone che «al Ministero dell'economia e delle finanze non è consentito trattare i dati rilevati dalla Tessera del cittadino degli assistiti». Questa garanzia appare, tuttavia, del tutto insufficiente, dal momento che la semplice esistenza di tale archivio conserva nel sistema la possibilità di risalire (ad opera di soggetti diversi dal Ministero dell'economia e delle finanze?) all'identità dell'assistito e quindi all'intera sua storia sanitaria, documentata da ricette mediche e prescrizioni specialistiche. Altrimenti, una volta vietata l'utilizzazione di quei dati, a che fine conservarli? Se il Ministero dell'economia e delle finanze intende mettere a punto un sistema di controllo conforme a quanto disposto dalla normativa sulla protezione dei dati personali, l'unica soluzione corretta è quella di escludere il trattamento di qualsiasi dato identificativo degli assistiti, costituendo eventualmente un archivio di soli dati anonimi.

Peraltro, se non si adottasse questa soluzione, si correrebbe concretamente il rischio di introdurre nel sistema giuridico una disciplina che discriminerebbe i cittadini in base al loro censo. Infatti, come già il garante segnalava nella relazione 2002, sfuggirebbero ad ogni forma di "schedatura" solo i cittadini che, potendo pagare direttamente farmaci e prestazioni specialistiche, non vedrebbero i loro dati personali inseriti in alcun archivio. La protezione dei dati personali si trasformerebbe così in un privilegio sociale, con palese violazione del principio di eguaglianza.

Il Garante sottolinea poi che, a parte le questioni riguardanti le competenze regionali, la strumentazione prevista rischia di aggravare il disordine e la confusione esistenti nel settore delle tessere o carte elettroniche identificative, dove una quarta tessera si aggiungerebbe a quelle già annunciate o in via di faticosa sperimentazione (carta di identità elettronica, carta dei servizi, carte sanitarie), con possibili rischi di indebolimento della protezione dei dati personali a causa della loro disseminazione».

Fin qua - signor Presidente, colleghi - la lettera scritta in punta di penna con grande equilibrio, garbo e rispetto dal professor Rodotà nella sua veste di Presidente dell'Autorità per la garanzia e la protezione dei dati personali. Lettera il cui contenuto è, francamente, molto allarmante e, a mio avviso, dovrebbe allarmare - e mi fa piacere che in questo momento il Presidente di turno sia il collega ed amico Alfredo Biondi - anche tutti quei settori della maggioranza che si ispirano ad una cultura liberale, ad una cultura di tutela dei diritti civili e dei diritti dei cittadini in quanto tali, a prescindere dal censo e dall'appartenenza politica.
Queste tematiche - me ne sono accorto venendo proprio qui alla Camera - sono affrontate in un'autorevole ed esplicito commento che compare su la Repubblica di oggi, 17 novembre, nella rubrica «Linea di confine», ad opera dell'opinionista Mario Pirani.

L'articolo, che riguarda lo stesso argomento, è intitolato «Sanità, Tremonti scopre il grande fratello». Ho già detto che, per una volta, il mio intervento oggi si traduce in una trasposizione negli atti parlamentari e nella trasmissione a coloro che ci ascoltano di questo duplice allarme giuridico e istituzionale da parte della presidente dell'Autorità per la garanzia e la protezione dei dati personali e da parte di un autorevole opinionista che, chi lo conosce, sa trattarsi di persona in genere non incline a posizioni demagogiche e a strumentalizzazioni di carattere ideologico.

Leggo dunque questo articolo in forma pressoché integrale: bisognerebbe tornare indietro di quasi vent'anni, al regime sovietico, ad un tempo autoritario, burocratico ed inefficiente, per trovare qualcosa di simile al meccanismo che è stato escogitato dal ministro Tremonti allo scopo asserito di monitorare la spesa sanitaria, nonché di valutare l'appropriatezza delle prescrizioni, campo quest'ultimo, dove nulla dovrebbe avere a che fare il dicastero dell'Economia, ricadendo la problematica terapeutica nella competenza delle ASL, degli assessorati regionali e del ministero della Sanità. - io correggo della salute - Ma l'onnivoro titolare di via XX Settembre ha inserito nel decretone di accompagnamento della Finanziaria, la cui conversione in legge è da oggi in votazione alla Camera, un articolo, l'articolo 50, di cui quasi nessuno si è accorto in mezzo a tante voci di vario genere, che istituisce una gigantesca banca dati centralizzata dove dovranno confluire in tempo reale, per via telematica, copia di tutte le ricette e di tutte le prescrizioni sanitarie rilasciate quotidianamente in ogni angolo del Paese. Ogni singolo medico, ogni farmacista, ogni ospedale, ogni clinica, ogni laboratorio e dispensario, ogni istituto universitario dovrà mettersi in rete e trasmettere al grande fratello orwelliano installato a Roma, tramite appositi codici a barre e altri marchingegni, nome, cognome, codice fiscale del paziente e del medico, numero e tipo dei farmaci nonché degli accertamenti specialistici prescritti.
All'uopo, oltre alle decine di migliaia di terminali da installare e ai milioni di nuovi ricettari standardizzati e controllati numericamente da distribuire a medici e strutture, tutti gli utenti dovranno essere forniti di una apposita «tessera del cittadino», comprendente il codice fiscale e altri dati, che si aggiungerebbero alla già annunciata carta d'identità elettronica, alla «carta dei servizi» predisposta dal dipartimento per l'innovazione, alla tessera sanitaria in via di attuazione. Questa tessera del cittadino (Tc) dovrebbe servire come interfaccia elettronica indispensabile per accedere al servizio sanitario nazionale. I soli liberi da questo obbligo sarebbero quei privati disposti a pagare tutto di tasca loro. In questo caso non solo la liberazione dalle pastoie burocratiche, tanto gravose in sanità, ma la possibilità di proteggere i propri dati personali, rappresenterebbe un privilegio per i più abbienti. Con palese violazione costituzionale. Del resto - viene qui ripreso il parere del professor Rodotà - il garante della privacy ha ripetutamente fatto presente ai legislatori che lo strumento escogitato al fine di un più razionale monitoraggio della spesa sanitaria e al necessario perseguimento delle irregolarità, soprattutto in materia di esenzioni, può essere efficacemente affrontato con mezzi più consoni e meno invasivi. Basterebbe, ad esempio, stabilire una copia elettronica delle ricette, trasmesse (questo sì) attraverso uno standard unico nazionale, ma solo e direttamente alle ASL interessate, obbligando queste ultime ai controlli eventuali. Non certo ricorrendo a banche dati centralizzate. Anche l'impegno, inserito nell'articolo 50, del Ministero dell'economia a «non trattare i dati acquisiti» appare al garante tale da non escluderne la pericolosità: «La semplice esistenza di tale archivio conserva, infatti, la possibilità di risalire dal codice fiscale, e quindi dall'identità dell'assistito, all'intera sua storia sanitaria, documentata da ricette mediche e prescrizioni specialistiche». Quello che il Parlamento si appresta a votare è quindi, oltre ad una mostruosità burocratica, un attentato alla tutela dei diritti fondamentali dell'individuo. Inoltre è scandaloso che un paese dove ormai negli ospedali mancano i finanziamenti essenziali, dove il gravame sui più poveri e ai più anziani cresce ogni giorno per i tagli imposti dal Governo, decida di spendere centinaia di milioni di euro per impiantare una costosissima struttura elettronica, con la scusa di voler controllare meglio se qualcuno approfitta delle esenzioni o se qualche medico prescrive troppi farmaci. Come non pensare - si chiede Pirani - che si voglia, invece, mettere su un lucroso business? Chi produrrà, ad esempio, i sessanta milioni di tessere del cittadino? Chi la rete di apparecchiature e collegamenti telematici? Quali guadagni aggiuntivi verranno alle società di telecomunicazioni dalla trasmissione quotidiana di milioni di dati? In nessun paese del mondo un meccanismo di questo tipo è stato introdotto. Si facciano sentire in queste ore le associazioni del mondo sanitario laiche e cattoliche, i sindacati, la sinistra - dice Pirani - sin qui disattenta, la destra di buon senso per far cancellare questo nefasto articolo 50 dal decretone finanziario".

Ripeto che in realtà, insieme con altri gruppi dell'opposizione, abbiamo presentato un emendamento soppressivo all'articolo 50, ma l'appello finale che ho testé letto affinché si facciano sentire trasversalmente a livello politico e anche sul piano sociale e direi culturale voci di totale dissenso rispetto a questa schedatura di massa sul piano sanitario è valido, e lo faccio mio. È evidente che se verrà posta la questione di fiducia mantenendo l'articolo 50, l'appello sarà fatto cadere nel vuoto da parte del Governo e della maggioranza, ma non da parte dei cittadini.

 

  Marco Boato

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